Rapporto tra procedure esecutive e procedure concorsuali

Con la sentenza n. 3850 del 15/02/2021, n. 3850, la Corte di Cassazione chiarisce in modo netto le differenze tra il fallimento ed il concordato preventivo e sugli effetti che dette procedure possono avere su azioni esecutive individuali promosse dai creditori.

Non di rado accade che l’azione esecutiva promossa da un creditore si sovrapponga con la procedura fallimentare o concordataria a cui é destinato il debitore.

In tali casi si pone il problema di stabilire se sia destinato a prevalere il diritto del creditore che nelle more ha realizzato parte o tutto il suo credito, piuttosto che quello della procedura a vedersi retrocesse le somme nell’interesse della massa dei creditori.

La Corte ha risolto la questione statuendo che nella disciplina del concordato preventivo, nella quale non trova applicazione il congegno di spossessamento previsto in ambito fallimentare dalla l. fall., artt. 42 – 43 , con la conseguente previsione di inefficacia dei pagamenti eseguiti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento, ai sensi del successivo art. 44, ma opera un diverso congegno di spossessamento attenuato in forza del quale il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale, è legittimo – salvo non ricorra l’ipotesi di frode sanzionabile con la dichiarazione di fallimento ai sensi dell’ art. 173, comma 2 – il pagamento effettuato dal debitor debitoris in esito ad un pignoramento presso terzi trascritto prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, ove l’ordinanza di assegnazione di cui all’ art. 533 c.p.c. sia anch’essa antecedente a detta pubblicazione, quantunque il pagamento venga invece effettuato successivamente ad essa.

Pertanto, l’assegnazione delle somme conseguita dal creditore prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, deve ritenersi non soggetta al divieto di azioni esecutive individuali e prevale rispetto all’interesse della massa dei creditori.

Viceversa, non accade altrettanto nell’ipotesi in cui il debitore venga dichiarato fallito. Infatti, il Tribunale di Parma (sez. II , 03/03/2020 , n. 178), in una questione in cui era discussa la revocatoria ex art. 67 LF ha ritenuto che fossero suscettibili di revoca i soli, successivi (e distinti) atti di pagamento coattivo in tal modo conseguiti, per cui, ai fini del computo del cosiddetto periodo sospetto, occorre far riferimento, al pari del pagamento spontaneo, alla data in cui il soddisfacimento sia stato concretamente ottenuto con la ricezione, da parte del creditore, della somma ricavata dall’esecuzione. Invero, allorché l’atto pregiudizievole nei confronti dei creditori consista nell’esito di un’esecuzione forzata, ciò che lede la garanzia dei creditori non è il pignoramento, né il provvedimento di assegnazione o di vendita, ma l’atto successivo con il quale il creditore (o il terzo, nel caso di vendita) percepisce la somma ricavata dall’esecuzione.